I Paesi membri dell’Unione Europea sono tenuti, non solo ad attuare le norme europee, anche se di soft law, ma anche a collaborare con le autorità dell’Unione e ad adottare le misure nazionali necessarie per assicurare il successo delle politiche europee (articolo 4.3 del Trattato sull’Unione Europea).
L’Italia ha ignorato la politica di cui allo Spazio Unico Europeo della Mobilità declinato nel Libro bianco del 2011 e ripreso con la Comunicazione della Commissione del 9 Dicembre 2020 dopo il Green Deal; ma neppure ha attuato il regolamento 1315 del 2013 che stabilisce le reti di coesione in particolare ritardando le connessioni verso la Francia (Lione Torino ), l’Austria (Brennero) e la Slovenia (della Venezia Lubiana non si parla più mentre il nostro Pese è “circumnavigato” da Austria e Slovenia con i trafori di Koralm e Semmering e la Koper Divaca). Persino il Terzo Valico dei Giovi, un’opera ormai vecchia di corridoio Reno Alpi fra Genova, Torino e Milano non sarà consegnato prima del 2026.
Sulle autostrade, è sufficiente ricordare che il nostro Paese non rispetta, pur scaduti i termini dall’aprile 2019, la direttiva 54 del 2004, che stabilisce i requisiti minimi per la sicurezza delle gallerie.
L’ideale sarebbe di usare il Next Generation EU per regolarizzarci e, magari, provare a dare una risposta innovativa alla sfida europea della mobilità riassunta negli strumenti di cui sopra. I progetti del Pnrr sono, tuttavia, molto vecchi e senza alcuna idea tecnologica che risponda ai bisogni di mobilità di un mondo molto cambiato.
L’idea di creare un fondo complementare non soggetto ai termini europei è corretta. Ma questo fondo deve essere destinato a progetti e riforme che traguardano davvero lo sviluppo della mobilità delle persone e delle merci, la crescita e l’innovazione: come, ad esempio, la lievitazione magnetica tra le città del nord, che cambierebbe l’economia e la vita del paese, la navigazione del Po sul modello francese, una moderno infrastruttura portuale/retro portuale/ferroviaria che regga il passaggio del Brennero. Insomma cambiare il nostro Paese non è solo fare (un po’ di) quello che avremmo dovuto fare vent’anni fa, ma avere il coraggio di guardare alle nuove generazioni con progetti innovativi e riforme coraggiose. Per attuare, anche in Italia, una stagione nuova nella mobilità di merci e persone che assicuri benessere e competività.